11 maggio 2014

L'Agenda digitale e il sogno di Marianna

Avete letto la lettera  inviata  ai dipendenti pubblici dal Presidente del Consiglio @matteorenzi e dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione @mariannamadia?

Tre linee guida e 44 punti per annunciare una rivoluzione della Pubblica Amministrazione basata sull'innovazione tecnologica, provata tante volte (ricordate Lucio Stanca, Renato Brunetta), con grande utilizzo di risorse ma scarsi risultati.

Sarà la volta buona?

Partiamo da una metodologia chiara e ben comunicata, e ciò è bene. Adesso siamo in fase di consultazione, potremo dire la nostra anche noi insieme ai sindacati, inviando una mail entro il 30 maggio all'indirizzo rivoluzione@governo.it.

Poi avremo il decreto il 13 giugno prossimo. Poi dovremmo sempre avere tempi definiti per obiettivi chiari e misurabili.
Pensate che bello se questo sistema funzionasse davvero in tutte le sue fasi. Proposta, condivisione, legge, piano operativo, obiettivi visibili e misurabili e tempistiche certe. Ben vengano queste slides.

Per gli . ottanta euro a maggio in effetti può sembrare semplice, basta trovare i soldi e "voila", obiettivo centrato.  Per altre cose può essere più difficile, e per un paese come il nostro può addirittura sembrare una magia.

Non ci crederete - e scusate se divagherò un po' - ma è ancora in vigore il famoso articolo "7 viciester" del Decreto Legge 31 gennaio 2005 n. 7.  Era famoso all'epoca, perché il legislatore imponeva alla Pubblica Amministrazione di rilasciare solo documentazione elettronica a partire dal primo gennaio 2006. Ad esempio entro questa data "la  carta  d'identità su supporto cartaceo è sostituita, all'atto della richiesta  del  primo rilascio  o  del  rinnovo  del  documento,  dalla  carta  d'identità elettronica (...).  A tal fine i comuni che non vi abbiano  ancora ottemperato provvedono entro il 31 ottobre 2005 alla  predisposizione dei necessari collegamenti all'Indice nazionale delle anagrafi  (INA) presso il Centro nazionale per i servizi demografici (CNSD)  ed  alla redazione del piano di sicurezza per la gestione delle postazioni  di emissione  secondo  le  regole   tecniche   fornite   dal   Ministero dell'interno". 

Sembra scritto da uno alla Renzi. Obiettivi e tempi chiari e decisioni rapide, utilizzando persino un Decreto Legge, entrato subito in vigore, pensate, avevamo fretta. Il decreto è stato poi convertito abbastanza rapidamente, legge 45 del 31 marzo 2005, e siamo anche partiti, ma non siamo ancora arrivati. L'altro giorno ho rinnovato la carta di identità, sempre la stessa carta. Nulla di nuovo, dopo più di otto anni dalla scadenza e una marea di soldi spesi, nel tentativo di acquistare varie decine di migliaia di postazioni di emissione della carta, di realizzare per ciascuna  piani di sicurezza alfa, beta e forse anche gamma, ciascuno da 2000 pagine, uno per comune.

Sarebbe forse bastato individuare un responsabile di un tale ambizioso progetto, uno con la testa sul collo, pagarlo magari anche tanti soldi ma che almeno avesse saputo fare quattro conti in croce, capire che i cambiamenti necessari per quell'obiettivo erano più vasti, vedere quello che hanno fatto altri soggetti, come ad esempio le banche con i bancomat e le carte di credito, non certo una postazione di rilascio in ogni filiale, giusto? Avrebbe potuto ricordarsi di quell'articolo, farlo cambiare, rivedendo i tempi indicati dalla legge ancora in vigore, e Santo Dio arrivare a un qualche risultato.   Invece no, testa bassa sotto la sabbia e far finta di niente. Una storia incredibile ma vera, che prova che se si deve imboccare una strada sbagliata è meglio non partire nemmeno.

Lo so che è difficile essere ottimisti sull'agenda digitale dopo le esperienze di questi anni, ma dobbiamo farlo. 

Marianna facci sognare, si può fare.

Qual'è il  mio sogno? Ne faccio tanti, ma nell'ultimo mi è apparsa proprio Marianna che mi ha detto: "caro Francesco, hai letto la mia lettera? Vedrai che entro al massimo un anno anche tu avrai il tuo PIN del cittadino. E quando lo avrai, potrai fare tutto con il tuo tablet, mentre aspetti il turno dal barbiere. Proprio tutto, qualsiasi servizio della Pubblica Amministrazione. Potrai leggere i giudizi scolastici dei tuoi figli, potrai confrontarti con il geometra dell'ufficio tecnico che ti darà tutte le informazioni che hai sempre desiderato. Potrai consultare il nuovo piano regolatore e inviare le tue osservazioni, pagare la multa per il divieto di sosta, chiedere un permesso di occupazione di suolo pubblico, e ottenerlo prima di di finire il taglio di capelli. Potrai cambiare il medico di medicina generale, e anche accedere al tuo fascicolo sanitario personale, da far vedere al nuovo medico, evitando così laboriose indagini e tanti test clinici ripetuti, necessari perché tutti i tuoi dati sanitari raccolti finora chissà dove sono e se ci sono ancora. Ma con i dati sanitari aperti e sicuri nel cloud, nulla sarà più perduto. E nella malaugurata evenienza di un incidente con perdita di coscienza, al pronto soccorso, con un click sullo smartphone, i medici potranno vedere tutta la tua storia clinica, e sapere che sei allergico a quel farmaco che stavano per darti e quindi la tua vita si allungherà.  E' proprio il sogno di una rivoluzione.

Sembra che il Ministro Madia avrà pieni poteri per fare le cose che ha scritto e per precisare e attuare l'Agenda Digitale. Sembra che avrà anche poteri di vigilanza sull'Agenzia per l'Italia Digitale, acronimo AGID,  una struttura che fa impressione, e non a torto. 

Fu istituita dal governo Monti nel 2012 trasformando l'allora DigitPA, a sua volta creata dal quarto Governo Berlusconi nel 2009, anche questa figlia della trasformazione del Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione o CNIPA, istituito nel 2003 dal secondo governo Berlusconi e dal Ministro Lucio Stanca, che aveva infine trasformato l'Autorità per l'Informatica nella pubblica Amministrazione o AIPA, nata ben dieci anni prima, nel 1993, sotto il governo Amato.

Purtroppo non sempre i cambiamenti determinano risultati, soprattutto quando non si richiede a nessuno di fissare obiettivi misurabili e quantificabili in termini di valore creato, e non si legano ai risultati gli stipendi da nababbi e i finanziamenti a pioggia.  

Nelle settimane scorse è stato pubblicato, dopo quasi due anni dalla sua costituzione, lo Statuto dell'Agid. Non ho resistito e l'ho letto, pur conoscendo i potenziali rischi di tali letture. E' come immergersi in un incubo, 

Scopro che bisognerà definire un "Modello strategico di evoluzione del sistema informativo della Pubblica Amministrazione". Probabilmente dopo le agende, i piani, le linee guida, le regole tecniche, i "position paper" e quant’altro ci mancavano dei modelli strategici. Sarà così, ma quanto ci vorrà? Be, dovrà essere prima istruito dall'AGID e poi passato ad un comitato di Indirizzo che dovrà deliberarlo, un comitato che ancora non esiste, e quindi andrà costituito. 

Fatemi capire. Sarà costituito con un decreto, dopo che tutte le istituzioni che devono essere rappresentate avranno designato i loro membri. Quali membri? Vediamo. Un membro nominato dal Presidente del Consiglio, poi un membro per ciascun ministero competente, quindi Sviluppo economico, Istruzione, Università e ricerca scientifica, Pubblica Amministrazione, Economia). Poi due membri nominati dal tavolo della conferenza unificata, poi da quello permanente dell'Innovazione, e ancora da quello dell'Agenda Digitale. Ecco, tutti questi, ai quali in accordo con i più moderni orientamenti sulla spending review non spetta alcun emolumento, indennità o rimborso spese - una nuova forma di incentivo al raggiungimento degli obiettivi - dovranno deliberare il modello strategico. 

Ok, penso di aver capito. Fatto tutto questo discuteranno e delibereranno... ma non subito...devono prima verificarne la coerenza con le Deliberazioni specialistiche della commmissione del sistema pubblico di connettività e della Cabina di Regia per l'Agenda Digitale Italiana. E non dimentichiamo il parere del garante della Privacy, quello è obbligatorio, si aspetta un po' di più ma almeno avremo un modello sicuro per quanto riguarda la sicurezza delle banche dati, no?

Quindi forse un giorno, chissà quando questo nuovo modello strategico arriverà. Del resto la maggior parte degli adempimenti, decreti attuativi e quant'altro serve ad attuare le cose non vengono fatti, anche quando hanno una scadenza, figurati quando non ce l’hanno.

E poi cosa deve fare questo piano strategico. Sarà scritto da qualche parte, vediamo. Ah, ecco. Identifica banche dati e infrastrutture materiali ed immateriali di interesse nazionale e i progetti in corso, con riferimento alle amministrazioni competenti, per garantirne l'attuazione e il loro stato di avanzamento.  Cos'è, un censimento? Chissà se c'entra con quello fatto l'anno scorso sui Centri Elaborazione Dati della PA, che doveva portare ad un piano triennale di razionalizzazione entro fine 2013, ma di cui nessuno parla più. No, non credo che c'entri. Leggiamo ancora...

Gli aggiornamenti del piano sono resi pubblici e sono finalizzati ad un miglioramento di interazione tra domanda delle amministrazioni e offerta del mercato ICT.  Per favorire il monitoraggio del modello strategico AGID assicura il coordinamento degli uffici dirigenziali delle amministrazioni entrali con le strutture di coordinamento in materia ICT rappresentative delle Amministrazioni regionali e locali.

Ma che vuol dire? Marianna, siamo davvero in un incubo, non so come potremo fare a trasformalo in un sogno, ma dobbiamo farcela.  

Del resto quale altro risultato possiamo aspettarsi quando si seminano carrozzoni costosi e inutili,  guidati spesso dall'obiettivo di complicare anche gli affari più semplici per poter creare e fortificare centri di potere?  E quando si frammentano i centri di spesa e quindi di acquisto e gestione di infrastrutture e servizi - 31.950 ci ha detto Renzipiù o meno autonomi.  E' come se una grande organizzazione - prendiamo ad esempio una grande banca  - lasciasse autonomia e  irresponsabilità alle migliaia di filiali, divisioni e organizzazioni verticali di farsi il proprio sistema informatico. Altro che home banking, bancomat e carte di credito, saremmo ancora tutti in fila agli sportelli e dovremmo andare in giro con i contanti. 

La Pubblica Amministrazione italiana ha decine di migliaia di data center, con dentro server, sistemi operativi,  database, software, siti internet, portali, reti civiche, piani di sicurezza, per non parlare delle famose stazioni di emissione della Carta di Identità Elettronica, con progetto che ne prevedeva almeno una per comune. Risultato: un sistema informativo della PA frammentato, insicuro, difficilmente integrabile e interoperabile , poco capace di fornire servizi tecnologici moderni e costoso da gestire e da far evolvere, con un conto di almeno 5-6 miliardi l'anno , circa 100 euro per ogni italiano, neonati compresi. 

Dobbiamo farcela Marianna, e abbiamo tutto per farcela, se solo si riuscirà a rimuovere in qualche modo i tanti ostacoli e resistenze che troveremo sul cammino e ad usare al meglio le nuove tecnologie che stanno rivoluzionando il mondo intero. 

Per fortuna dal punto di vista delle tecnologie stiamo ormai entrando in piena era di quello che è stato chiamato "cloud computing", l'era delle centrali e reti informatiche capaci di erogare a tutti e a basso costo qualunque risorsa come servizio. Finalmente anche la giovane industria dell'informazione, come tante altre nella storia, sta evolvendo verso i servizi condivisi a livello di massa, erogati attraverso centrali e reti tecnologiche. Quando questo avviene cambia la struttura sociale e produttiva della società, come è successo più di un secolo fa con l'avvento delle reti elettriche.  Niente più generatori dentro le fabbriche allora e niente più datacenter dentro le aziende e la pubblica amministrazione oggi. Basta un contratto, metti la spina o l'antenna, usi un tablet (il dispositivo più grande) o un telefonino (quello più piccolo), colleghi tutto ciò che è utile collegare e e paghi solo ciò che consumi.  E' in più potrai avere servizi con funzionalità e sicurezza non ottenibili con l'infrastruttura fatta in casa. Tutto questo c'è già oggi.

Il governo italiano e l'Europa devono certamente perfezionare ulteriormente i meccanismi di accreditamento e controllo su queste centrali informatiche e sui cloud provider, ma la PA deve iniziare al più presto a migrare nel cloud, dove troverà le risorse per strutturare l'amministrazione elettronica e le relazioni sociali in rete con i propri utenti. Il cloud computing, le tecnologie mobili e delle reti sociali, e la possibilità di raccogliere e gestire enormi quantità di dati porteranno ad una vera e propria fusione tra mondo fisico e virtuale.

Si prevede che entro il 2020 vi saranno nel mondo oltre 30 miliardi di "sensori", oggetti capaci di raccogliere dati (big data) elaborabili ed utilizzabili per gestire in modo intelligente la società e l'economia.

Questo deve essere il contesto di riferimento della Pubblica Amministrazione Italiana. 

E questa è la sfida che attende la giovanissima Marianna Madia, 33 anni, laureata alla Sapienza, dottorato in economia, ricca in cultura ma anche già provvista di una significativa esperienza politica, essendo entrata in parlamento a 26 anni.  

Nella sfida dell'innovazione italiana sarà lei al comando, se Renzi, come sembra, le darà pieni poteri e speriamo proprio che sia così, perché quello che oggi manca è proprio la capacità di decidere in modo univoco e coerente.  Le servirà anche tanta determinazione e coraggio per orientare nel verso giusto un panorama complesso, spesso difficile persino da analizzare e fotografare.  

E noi tifiamo per lei oltre che per noi stessi, per una comunità come quella italiana che ha davvero potenzialità incredibili, dove se tutti facessimo bene la nostra parte potremmo davvero e in breve tempo costruire un paese prospero, giusto e tecnologicamente avanzato, 


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