03 maggio 2014

La parte più difficile della rivoluzione di Renzi.


7-18-34. Sono i numeri della scommessa di +Matteo Renzi che ci dice che in tre anni di governo cambierà radicalmente l'Italia, ridandogli il posto oggi perduto tra le nazioni più sviluppate e ricche d’Europa.

Per poterlo fare deve innanzi tutto riuscire ad eliminare gli sprechi della spesa pubblica italiana (oltre 500 miliardi/anno) e i costi della corruzione e dei privilegi. Recuperare risorse è necessario per poter ridurre drasticamente la pressione fiscale troppo alta e fare gli investimenti necessari per lo sviluppo e la digitalizzazione del nostro Paese.


7-18-34 non servono per essere giocati al lotto. Sono i numeri dei tagli di spesa strutturali minimi da raggiungere: 7 miliardi quest’anno (che hanno consentito di ridurre l’irpef di 80 euro al mese per 10 milioni di lavoratori a partire da questo mese), 18 miliardi nel 2015 e 34 miliardi nel 2016. In realtà se tutte le cose che Renzi sta mettendo in campo si attuassero davvero, la riduzione degli sprechi e il recupero di efficienza sarebbe addirittura maggiore.


Ma il problema sta proprio qui. Come può +Matteo Renzi riuscire a fare in un paio di anni cose che gli altri governi non sono riusciti a fare in venti anni?


Prendiamo solo due misure già approvate. 

Renzi ci ha detto che con il decreto Irpef inizia un percorso che porterà:
  1. “all’aggregazione dei centri di costo della PA, che ora sono 32.000. Vogliamo arrivare a 40-50 in un anno. E' una rivoluzione''
  2. Alla riduzione delle società partecipate dagli enti locali (municipalizzate) dagli attuali 8000 a 1000.


Riuscire ad eliminare 31.950 centri di costo e 7000 aziende della PA in un anno, anche solo per accorpamento, non sembra - a occhio - una cosa semplice e forse neppure tanto realistica. Soprattutto se si intende farlo senza creare gravi problemi, sia sul versante dell'occupazione sia su quello della qualità dei servizi e delle funzioni interessate.

Se pensiamo inoltre che già in passato vi sono stati provvedimenti in questa direzione, che non hanno prodotto gli effetti di razionalizzazione desiderati.

Per esempio. I comuni con meno di 5.000 abitanti a partire dal primo aprile 2012 avrebbero già dovuto fare tutti gli acquisti esclusivamente attraverso poche centrali di acquisto uniche (unioni, consorzi, enti regionali o nazionali come Consip), pena la nullità dei contratti.

Passa la scadenza, tutto come prima. Che fare? O gli annulli davvero i contratti o fai la proroga e allora ovviamente fai la proroga. L’ultima scadenza era al 31 dicembre 2013, passato il quale non vi era stata la proroga, quindi caos e proroga che arriva a fine gennaio, con il decreto milleproroghe, che sposta la scadenza di altri sei mesi, fino a giugno 2014, e sana i contratti stipulati. Intanto la legge di stabilità 2014 aveva escluso dall’obbligo gli acquisti in economia fino a 40.000 euro. che peraltro sono la maggior parte degli acquisti dei piccoli comuni.


Ora +Matteo Renzi rilancia. Il decreto Irpef (DL 66/2014, art. 9) estende l’obbligo a tutti i comuni non capoluoghi di provincia e a tutte le tipologie di acquisto. 

In pratica tutti i comuni non capoluogo dovranno fare gli acquisti attraverso un organismo sovracomunale (unione o consorzio di comuni, provincia, centrale acquisti).  Inoltre impone l’obbligo di accreditamento e registrazione in specifico elenco delle Centrali di acquisto (chiamati soggetti aggregatori) che non possono essere più di 35 su tutto il territorio nazionale, individua regole per garantire la congruità dei costi e incrementa i controlli e le sanzioni.


Per quanto riguarda le 8000 aziende municipalizzate, l’art. 23 del decreto prevede che entro il 31 ottobre 2014 il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, predisponga un programma di razionalizzazione di tutte “le aziende speciali, istituzioni e società controllate direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche”. 

Tale piano deve prevedere misure per ridurne il numero (“liquidazione o trasformazione per fusione o incorporazione, anche in funzione di ambiti ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività”), per valutarne l’efficienza e l’opportunità di privatizzazione. Anche qui leggi di razionalizzazione approvate negli anni a partire almeno dal 2006 non hannno avuto grossi effetti.


A questo punto sono curioso di vedere che cosa accadrà a partire dal primo luglio. Se i decreti attuativi usciranno, se vi saranno altre proroghe e in generale quali saranno i risultati concreti.

Fino ad oggi Renzi ha senz'altro ragione. In due mesi di governo sta dimostrando di saper portare avanti e far diventare legge dello Stato gli annunci e le promesse, si condividano o meno. Ora la parte più difficile. Dimostrare che è in grado di dotarsi degli strumenti necessari all’attuazione ed al controllo dell’efficacia dei provvedimenti assunti.

Nessun commento: