L'ex Ministro per le innovazioni tecnologiche Renato Brunetta, inventore della CEC-PAC |
Nelle settimane scorse il governo ha deciso che il servizio "CEC-PAC" sarà progressivamente sospeso. Un servizio che in buona sostanza costa tanto e nessuno usa.
Si tratta dell'ennessimo fallimento che ci ha fatto buttare via dal 2009 una ventina di milioni di euro all'anno, e che ha fatto perdere tempo ad oltre due milioni di cittadini che hanno richiesto un servizio che non è servito a nulla.
Ma il problema non è solo la CEC-PAC. E' la stessa Posta elettronica certificata o PEC, strumento inesistente nel resto del mondo, che è inesorabilmente destinata a non affermarsi, in uno scenario che peraltro si orienta a superare perfino la mail in favore della gestione condivisa e collaborativa delle informazioni (i documenti non si inviano via mail, si condividono).
E allora, direte voi? I fallimenti accadono quando si decide, si agisce, si prova. Chi sta fermo e non rischia di sbagliare non va da nessuna parte e dagli errori e dai fallimenti si impara quasi sempre ciò che ci servirà per le future vittorie.
Ma sappiamo anche che chi non impara dai propri errori è destinato a ripeterli. E questo sembra essere il principale problema degli interventi del legislatore in materia di digitalizzazione.
Negli ultimi venti anni non siamo certo stati fermi per quanto riguarda investimenti e iniziative di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, ma sembra che abbiamo continuato a ripetere errori simili, sprecando montagne di soldi pubblici. Abbiamo investito senza non dico misurare ma nemmeno valutare i risultati ottenuti e quindi senza poter imparare nulla dai nostri fallimenti per orientare le nuove iniziative.
Gli enormi investimenti fatti fino ad ora, tra piani di eGevernment e Agenda Digitale, per introdurre la firma digitale, la PEC, i servizi on line e le carte nazionali dei servizi, la carta di identità elettronica (CIE) e in generale per avviare l'Amministrazione elettronica sono tutti stati, in varia misura, dei fallimenti, che hanno introdotto strumenti e servizi o mai partiti come la CIE o utilizzati solo in misura minima, come la PEC e la firma digitale, anche con la stragrande maggioranza della popolazione presente e attiva on line.
Prendiamo l'introduzione della CEC-PAC. "Una svolta storica" - aveva detto il ministro - "che ridurrà gradualmente il ricorso alla comunicazione cartacea e diminuirà i costi e i tempi di procedura. È un’onda che si sta formando, già un milione di liberi professionisti hanno la posta elettronica certificata. Si tratta di un processo faticoso e complicato che darà risultati straordinari in termini di efficienza, trasparenza, risparmio cui la pubblica amministrazione si sta adeguando. Entro il 2010 possiamo arrivare a 10 milioni di PEC attive che si rivolgeranno alla pubblica amministrazione»".
Nella realtà era solo il ministro e pochi altri a pensarla così. Già il nome faceva pensare ad un qualche tipo di scherzo: CEC-PAC, "Comunicazione Elettronica Certificata tra la Pubblica Amministrazione e il Cittadino".
Eravamo già riusciti ad inventarci un nuovo tipo di Posta Elettronica, la PEC, unico paese al mondo ad averla introdotta insieme forse all'Uganda, e non contenti creiamo un altro standard nazionale, da usare - udite udite - solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione?
Come la PEC anche la CEC-PAC è uno standard tecnologico solo italiano e imposto al mercato da un governo. Uno standard che peraltro dovremmo conoscere ed utilizzare solo noi, con buona pace della rete Globale che supera i confini degli Stati e dei governi.
Ma sappiamo anche che chi non impara dai propri errori è destinato a ripeterli. E questo sembra essere il principale problema degli interventi del legislatore in materia di digitalizzazione.
Negli ultimi venti anni non siamo certo stati fermi per quanto riguarda investimenti e iniziative di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, ma sembra che abbiamo continuato a ripetere errori simili, sprecando montagne di soldi pubblici. Abbiamo investito senza non dico misurare ma nemmeno valutare i risultati ottenuti e quindi senza poter imparare nulla dai nostri fallimenti per orientare le nuove iniziative.
Gli enormi investimenti fatti fino ad ora, tra piani di eGevernment e Agenda Digitale, per introdurre la firma digitale, la PEC, i servizi on line e le carte nazionali dei servizi, la carta di identità elettronica (CIE) e in generale per avviare l'Amministrazione elettronica sono tutti stati, in varia misura, dei fallimenti, che hanno introdotto strumenti e servizi o mai partiti come la CIE o utilizzati solo in misura minima, come la PEC e la firma digitale, anche con la stragrande maggioranza della popolazione presente e attiva on line.
Prendiamo l'introduzione della CEC-PAC. "Una svolta storica" - aveva detto il ministro - "che ridurrà gradualmente il ricorso alla comunicazione cartacea e diminuirà i costi e i tempi di procedura. È un’onda che si sta formando, già un milione di liberi professionisti hanno la posta elettronica certificata. Si tratta di un processo faticoso e complicato che darà risultati straordinari in termini di efficienza, trasparenza, risparmio cui la pubblica amministrazione si sta adeguando. Entro il 2010 possiamo arrivare a 10 milioni di PEC attive che si rivolgeranno alla pubblica amministrazione»".
Eravamo già riusciti ad inventarci un nuovo tipo di Posta Elettronica, la PEC, unico paese al mondo ad averla introdotta insieme forse all'Uganda, e non contenti creiamo un altro standard nazionale, da usare - udite udite - solo nei rapporti con la Pubblica Amministrazione?
Come la PEC anche la CEC-PAC è uno standard tecnologico solo italiano e imposto al mercato da un governo. Uno standard che peraltro dovremmo conoscere ed utilizzare solo noi, con buona pace della rete Globale che supera i confini degli Stati e dei governi.
L'avvocato Ernesto Belisario |
La PEC è stato un flop clamoroso e non possiamo nascondercelo: non la usano nè i cittadini, nè le imprese, nè le stesse Pubbliche Amministrazioni.
E non è un problema di costi: tutti noi usiamo un PC ed una connessione che hanno un costo, senza bisogno che lo Stato ce le regali, semplicemente perchè si tratta di tecnologie utili di cui sentiamo il bisogno.
Così non è per la PEC e una politica di innovazione seria dovrebbe dovrebbe prevedere un monitoraggio dei dati d’uso. Da tale monitoraggio emergerebbe che si tratta di un modello che va abbandonato. Insistere su questa strada e investirci altre risorse non può che condurre ad un nuovo fallimento".
Una strada che non può che condurre al fallimento, eppure abbiamo continuato a percorrerla per molti anni.
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